Nazzano: il borgo dei sognatori
Ci arrampichiamo verso il castello, oggi sentiamo la necessità di vincere le nostre salite, ma lo facciamo quasi in punta di piedi, per non disturbare. Dalle finestre escono rumori di intimità casalinga, il picchiettare delle posate sui piatti, il vociare confuso della tv, scomodiamo qualche gatto sdraiato a sonnecchiare in mezzo ai vicoli, a godersi il fresco, salutiamo una passante che ci sorride, ci sentiamo un po’ intrusi che spezzano la quiete di una normalissima serata estiva di un borgo, forse poco conosciuto, come Nazzano.
Da alcune finestre traspare la vita, da altre riecheggia l’abbandono, più che abbandono oserei chiamarla attesa, un dolce e sereno attendere di qualcuno che se ne prenda nuovamente cura, che tolga le spranghe alle porte, che riempia le finestre e i balconi di fiori, che ridia forza e slancio al centro storico di un paese che merita di essere raccontato.
Giungiamo al castello, per scoprire con profonda amarezza che è chiuso da 20 anni! Un tale gioiello affacciato sulla valle del Tevere chiuso da decenni e dimenticato.. Con gli occhi dell’immaginazione, quel piccolo cortile antistante l’ingresso transennato si riempie magicamente di fiori e di accortezze, di bambini seduti sugli scalini a mangiare gelato, di vecchietti a ridere e a chiacchierare. E’ ora di riprenderceli questi nostri borghi, questi nostri gioielli, questi grovigli di vicoli, di chiese, di torri e di meraviglie!
Si accendono all’improvviso i lampioni mentre scendiamo, Nazzano ci saluta così, regalandoci la poesia di un borgo che respira silenziosamente e noi con esso e dal quale si gode di un panorama immenso e saziante. Infilo per caso gli occhi dentro una porta aperta, un bel signore di una certa età, coi capelli bianchi e il viso pieno di un’eleganza d’altri tempi, siede in poltrona di fronte alla tv.. “scusi, mi sa dire da quanto tempo è chiuso il castello?”, chiedo e, senza nascondere le sue origini indubbiamente anglosassoni, mi sento rispondere: “da almeno 20 anni purtroppo”.
Ecco, l’immagine di quell’uomo, giunto da chissà dove fin là, proprio là, non me la dimenticherò mai. Mi piace pensare che egli, come me, abbia intuito perfettamente quanta bellezza risieda in quel borgo, quanta poesia sprigioni e se solo rifiorisse tornerebbe a colmarsi di vita, di turisti curiosi, di passeggiatori “avidi”, ma forse il suo fascino sta proprio in questo suo non essere così, cucito su un’altura a perdersi nel panorama che ha di fronte agli occhi. Per questo motivo lo ricorderemo sempre con piacere, sorridendo e raccontandolo come il borgo dei sognatori!